venerdì 1 agosto 2008

Il web 2.0 serve alla Pubblica Amministrazione?

l web 2

Che cosa si racchiude nel termine Web 2.0? Tra chi ci vede la rivoluzione di Internet e chi invece ne nega l’esistenza, un dato è certo: il Web ha preso una nuova direzione; una nuova era di internet è iniziata e non passerà senza lasciare segno.

Per questo non credo sia intelligente ignorarla o non conoscerla, soprattutto quando il Web è il nostro strumento di lavoro o lo riteniamo comunque utile per la nostra attività. Credo invece che sia più opportuno essere pronti ed un po’ lungimiranti per cogliere appieno i benefici dell’innovazione anticipando il cambiamento e non subendolo.

Il Web 2.0 sta entrando con naturalezza nella nostra attività quotidiana sulla rete; probabilmente ne siamo già fruitori, anche se inconsapevolmente.

Il web 2.0 non è un software specifico né un marchio registrato, ma un insieme di approcci definiti “innovativi” nell’utilizzo del web: si tratta piuttosto di una nuova concezione tecnologica e filosofica del web che segna l’evoluzione del www (World Wide Web) da una serie di siti statici collegati tra loro a un ambiente “globale” nel quale software, banda larga e applicazioni multimediali offrono contenuti più ampi e si fondano su una stretta interazione fra gli utenti

Il punto che fa la differenza rispetto al passato è la partecipazione degli utenti che diventano autori: da un insieme di siti web si passa ad una vera e propria “rete di siti” in grado di interagire e di elaborare le informazioni in maniera collettiva, incoraggiando gli utenti a conferire valore aggiunto.

Il punto centrale del Web 2.0 è quindi la collaborazione e la condivisione delle informazioni, che si esprime in particolare nei suoi strumenti di comunicazione, quali i wiki e i blog, attraverso i quali, il modello “gerarchico” del sapere si trasforma in sapere condiviso: sono gli utenti a costruire insieme l'enciclopedia, a raggruppare liberamente e gratuitamente saperi e competenze diverse, mettendo tutto ciò al servizio degli altri utenti.

Risulta quindi chiaro che, in questo nuovo approccio, un ruolo fondamentale viene assunto dalla reciproca “fiducia” tra gli utenti co-sviluppatori; e risulta altrettanto importante la necessità di attivare strumenti di misurazione di questa fiducia, attraverso ad esempio feedback o “raccomandazioni”

I vecchi siti personali, ormai “fuori moda”, lasciano oggi il posto ai blog, più semplici nella realizzazione e gestione, più immediati nella comunicazione e più efficienti nella circolazione delle informazioni: la loro forza è data dalla costruzione dal basso (bottom up), da parte degli utenti e dal ribaltamento della concezione gerarchica del sapere.

Grazie ai tag (= parola chiave) scelti liberamente e condivisi dagli utenti il web viene categorizzato e la ricerca semplificata.

Anche la Pubblica Amministrazione ha compreso la rivoluzione e l’importanza del Web 2.0, per sviluppare quei fenomeni di condivisione, di ascolto e partecipazione che la stessa legge impone di realizzare.

Non è una novità che una delle maggiori criticità della pubblica amministrazione sia proprio la mancanza di dialogo sia all’interno delle strutture e livelli amministrativi sia rispetto al cittadino-utente.

Il cittadino esprime un unico grande bisogno: avere risposta chiara in tempi brevi. Questo significa necessità di dialogo e condivisione delle informazioni all’interno delle singole amministrazioni, ma anche necessità di dialogo ed interazione (scambio di conoscenze: informazioni, contenuti, ma anche competenze, soluzioni ed esperienze) fra istituzioni diverse. Obiettivi non facili, ma raggiungibili con un giusto utilizzo delle nuove tecnologie, con l’integrazione dei sistemi informativi e delle banche dati, senza mai dimenticare l’importanza delle metodologie di lavoro, delle abitudini e delle prassi.

Insomma, il Web 2.0 nella pubblica amministrazione non è un social network, ma è la possibilità di creare una rete tra uffici e amministrazioni del territorio per unificare standard e procedure di comunicazione e definire un linguaggio unico e condiviso.

E’ questo il cuore del concetto di comunicazione integrata nella pubblica amministrazione: l’informazione che diventa davvero utile solo quando la conoscenza di ciascuno si trasforma in sapere condiviso che viene poi, attraverso gli uffici comunicazione, girato verso l’esterno, creando una circolarità virtuosa che si autoalimenta e che avvia processi di riuso e benchmarking a vantaggio dell’intero sistema. Un processo capace di includere anche quegli operatori che, per diverse ragioni, sono esclusi dai percorsi di formazione e che possono così far parte di questo percorso di innovazione, modernizzazione e crescita delle strutture in cui essi lavorano.

Non credo però che possa esserci un ritorno effettivo in termini di servizi se il web 2.0 viene imposto dall’alto: è necessario un accompagnamento culturale. Gli sforzi progettuali innovativi si traducono in fallimenti se non sono sostenuti da dinamiche interne all'amministrazione dirette a “educare” i lavoratori al cambiamento, facendo conoscere e capire questi progetti per potersi adeguare al nuovo approccio con naturalezza e semplicità.

Molte amministrazioni pubbliche stanno oggi sperimentando, con modalità diverse il 2.0: a volte solo per immagine, altre volte con maggiore “sostanza”.

Ma una cosa è certa: anche il web pubblico sta cambiando.