venerdì 7 novembre 2008

Il treno di facebook


Gli italiani sono saliti sul treno di Facebook e le considerazioni di “esperti psicologi” si moltiplicano: giornalisti più o meno conosciuti hanno ricevuto certamente anche loro l’invito e-mail a iscriversi al network; ed ecco che, da bravi venditori di notizie, i media entrano nella loro fase bulimica “Facebook”. Insomma,l'attenzione dei lettori cresce e allora, a prescindere dal contesto, ogni occasione è buona per parlarne.
Ma quando parli al tuo lettore, che è pure iscritto a Facebook, e gli dici che è certamente affetto da qualche disordine della personalità, è difficile che tu giornalista o lei intervistata, possiate essere credibili.
E se poi, tra 1.860.000 utenti italiani di Facebook ci sono fior fior di giornalisti, professionisti, dirigenti d'azienda, docenti, studenti, casalinghe e aggiungeteci pure tutte le altre categorie professionali che volete ... dovremmo concludere che siamo tutti malati?
La domanda nasce spontanea a seguito della ormai famosa dichiarazione rilasciata ad AdnKronos dalla psicologa Paola Vinciguerra a proposito del “profilo tipico” dell’utente Facebook, uno dei social network più diffusi al mondo. In sostanza si afferma che non è un caso se Facebook abbia “contagiato in particolare la fascia tra i 30 e i 40 anni”: è proprio in questa fase della vita, infatti, che nasce il senso di vuoto e di solitudine, che contagia anche i cosiddetti vincenti.”
Insomma, per la Vinciguerra e per il suo amico psichiatra Tonimo Cantelmi, su Facebook ci sarebbero soprattutto persone sole, infelici, non più giovanissime, che aspirano a farsi pubblicità e a cercare nuove conquiste. Un profilo... direi triste e poco lusinghiero.
Andiamo per ordine.

Sostenere poi che l’utente tipico è un depresso... signori miei, ci vuole un bel coraggio! (o molta disinformazione...). Non pare infatti che la Vinciguerra si sia basata su ricerche ed analisi sull’argomento (ad oggi, infatti, non esistono) né che parli per esperienza diretta (non essendo essa stessa iscritta a facebook). Forse parla per esperienza professionale. Ma (ringraziando iddio!) non credo che il milione e ottocentosessatamila utenti facebook siano suoi clienti... né che lo siano in una percentuale e varietà tali da potersi considerare un valido campione...
Una rapidissima analisi della letteratura del settore dimostra invece il contrario.

Sintetizzando i contenuti della ricerca riportata dallo psicologo Bussolon, si riscontra:
1.L’unico tratto di personalità che può rappresentarsi nell’utente Facebook è l’estroversione. Gli introversi vanno meno su Facebook, gli estroversi di più.
2. Gli studenti universitari usano FB soprattutto per mantenere relazioni che già hanno, piuttosto che per trovare nuove relazioni (leggera eccezione per le matricole)
3. Gli studenti con bassa autostima e senso di soddisfazione personale possono migliorare il capitale sociale proprio con l’uso dei social network
3.L’appartenenza a gruppi di social network di impegno politico, sociale o culturale va di pari passo con un’effettiva attività dello stesso tipo nella vita personale.
Sta di fatto che è proprio il periodo universitario che stravolge, in termini di cambiamento, speranze e nuove relazioni, la vita di una persona. E’ poi ipotizzabile che l’uso dei social network cambi a seconda delle fasi della vita. E’ ancora più ragionevole ipotizzare che il popolo dei trentenni e quarantenni sia un popolo abbastanza giovane da tentare l’approccio a questi nuovi strumenti: E appassionarsene.

La domanda piuttosto è perché molte persone usano i social network quando esistono, e sono ben consolidati, già altri strumenti come i forum, i blog, i newsgroup. Di certo i social network rispetto agli altri strumenti assicurano una grande opportunità: quella di escludere le persone che non gradisci. Credo che questa sia la vera funzione inedita di Facebook come degli altri strumenti similari: quella di consentire di definire chi sono nostri amici e rivolgersi solo a costoro. Non a tutti: tagliando così chi non si vuole rendere partecipi delle nostre riflessioni o delle nostre attività in rete.
Un sito, un forum, sono visibili da chiunque. E qualche volta questo non è desiderabile.

Maurizio Boscarol definisce il social network una sorta di mailing list a gestione semplificata che si concentra sull’utente. Ognuno può decidere i propri contatti, comunicare solo con loro anziché con tutto il mondo. Ed essere trovato e contattato da persone interessate (cosa che con le tradizionali mailing list è meno probabile, dato che aumentano la visibilità del gestore, non dei partecipanti).

Non credo che Facebook sostituirà i blog pubblici, i wiki, i forum, e nemmeno le mailing list o i newsgroup. E’ semplicemnete un tipo di strumento che serve a cose diverse, destinato a convivere con l'arsenale di strumenti di cui già ci gioviamo.
E non per questo ci sentiremo tutti più depressi.

Ma v’è di più. Una ricerca di Giglietti, dell'Università di Urbino, ci racconta che i vari social network sono distribuiti in maniera differenziata nelle parti del mondo: il più diffuso in Italia è Badoo: sarà per strategia di comunicazione o per variabile culturale... sta di fatto che non vi è modo di capire come mai sia stato preso in considerazione proprio Facebook per definire “l’utente tipo” del network italiano...
Che siano solo quelli di Facebook i malati??? O piuttosto manca a questi professionisti della scrittura e della psicologia una vera e adeguata conoscenza di una realtà sociale in via di trasformazione?
Propendo per la seconda.
Certo è che questi risultati non supportano luoghi comuni ma, anzi, suggeriscono che Facebook sia uno strumento per mantenere e gestire il proprio capitale sociale, in particolare usato proprio dai più estroversi. Non dai timidi, insomma.

Ma in Italia, si sa, i luoghi comuni vanno sempre di moda